La Bañera – Spazio Compartito

ATTENZIONE: QUESTO PROGETTO È IL FRUTTO DI UN PROCESSO COLLABORATIVO TRA CTRL+Z E DIFFERENTI SOGGETTI. PER LA SUA CORRETTA COMPRENSIONE VI INVITO A CONOSCERE GLI ALTRI AGENTI DIRETTAMENTE IMPLICATI: TERRITORIA (SEVILLA).

Panorama sociale

Nel corso degli ultimi decenni il cittadino comune aveva gradualmente abbandonato l’impegno nella costruzione dell’ambiente urbano che lo circonda, forse accecato dalle promesse del boom economico. Si erano delegati gli aspetti più importanti della nostra vita a istituzioni, pubbliche o private, ignorandoli completamente.

Ora a partire da una profonda crisi che non è solo economica, ma anche culturale e sociale, si sta dimostrando che questa fiducia non fù sempre giustificata e che alcuni dei modelli che fiorirono in quei tempi erano insostenibili e in alcuni casi anche socialmente cancerogeni.

La crisi ha aumentato la consapevolezza della società circa l’ importanza della partecipazione attiva in processi così importanti come la produzione di Recupero spazi industrialicibo e abitazioni o nella vita dei quartieri in cui abitiamo.

Queste dinamiche stanno permeando sempre più nella popolazione ridefinendo i valori e gli equilibri sociali e introducendo nuovi modi di percepire ed interagire con la città. Il risultato tangibile di questi cambiamenti è il recupero di diversi protocolli di partecipazione e associazionismo siano questi indipendenti, in collaborazione con le istituzioni o come gruppi di pressione contro di queste.

In questo scenario riteniamo indispensabile riconfigurare anche modelli architettonici come produzione e soprattutto come forme e schemi di lavoro, attraverso una ricerca continua, e di carattere sperimentale, di modelli che possano essere adattati alle nuove condizioni sociali che si riconfigurano continuamente.

Queste dinamiche stanno permeando sempre più nella popolazione ridefinendo i valori e gli equilibri sociali e introducendo nuovi modi di percepire ed interagire con la città. Il risultato tangibile di questi cambiamenti è il recupero di diversi protocolli di partecipazione e associazionismo siano questi indipendenti, in collaborazione con le istituzioni o come gruppi di pressione contro di queste.

In questo scenario riteniamo indispensabile riconfigurare anche modelli architettonici come produzione e soprattutto come forme e schemi di lavoro, attraverso una ricerca continua, e di carattere sperimentale, di modelli che possano essere adattati alle nuove condizioni sociali che si riconfigurano continuamente.

Queste dinamiche stanno permeando sempre più nella popolazione ridefinendo i valori e gli equilibri sociali e introducendo nuovi modi di percepire ed interagire con la città. Il risultato tangibile di questi cambiamenti è il recupero di diversi protocolli di partecipazione e associazionismo siano questi indipendenti, in collaborazione con le istituzioni o come gruppi di pressione contro di queste.

In questo scenario riteniamo indispensabile riconfigurare anche modelli architettonici come produzione e soprattutto come forme e schemi di lavoro, attraverso una ricerca continua, e di carattere sperimentale, di modelli che possano essere adattati alle nuove condizioni sociali che si riconfigurano continuamente.

Motivazioni del progetto

Il progetto dello spazio condiviso “La Bañera” si sviluppa in questo scenario e nasce dalla volontà di un gruppo di giovani, e meno giovani, decisi a prendere attivamente parte nella creazione dei propri ambienti di vita, a partire da quello lavorativo, e dalla necessità di emancipazione da alcune situazioni speculative in cui si trovavano coinvolti.

Il progetto voleva servire a creare un ambiente vivace, sano e vitale, essendo allo stesso tempo una buona opportunità per ridurre i costi fissi, di condividere i servizi e creare sinergie.

Abbiamo iniziato questa avventura in tre, con l’ idea di allargare il gruppo contagiando altre persone durante il processo. Si valutarono le necessità dello spazio fisico così come quelle del mentale incorporando, fin dalle prime fasi di pianificazione, dinamiche di lavoro come il baratto ed il riciclo urbano (il “recupero”).

Ctrl+Z entrò nel gruppo iniziale arrivando ad un accordo basato sul baratto, in modo che, a cambio del suo contributo fisico ed intellettuale alla riforma, avrà diritto ad utilizzare parte delle strutture.

Personalmente dopo molti anni trascorsi in “uffici” inadeguati, insalubri e che in alcuni casi si avvicinavano a situazioni clandestine, ero desideroso, e mi sembrava molto interessante, partecipare alla costruzione del nostro proprio ambiente di lavoro nell’ambito di questo sistema, ed una buona opportunità di applicare e valorizzare la nostra conoscenza sul recupero, il riutilizzo e l’uso dei materiali per integrarli nel cantiere.

Ctrl+Z entrò nel gruppo iniziale arrivando ad un accordo basato sul baratto, in modo che, a cambio del suo contributo fisico ed intellettuale alla riforma, avrà diritto ad utilizzare parte delle strutture.

Personalmente dopo molti anni trascorsi in “uffici” inadeguati, insalubri e che in alcuni casi si avvicinavano a situazioni clandestine, ero desideroso, e mi sembrava molto interessante, partecipare alla costruzione del nostro proprio ambiente di lavoro nell’ambito di questo sistema, ed una buona opportunità di applicare e valorizzare la nostra conoscenza sul recupero, il riutilizzo e l’uso dei materiali per integrarli nel cantiere.

Ctrl+Z entrò nel gruppo iniziale arrivando ad un accordo basato sul baratto, in modo che, a cambio del suo contributo fisico ed intellettuale alla riforma, avrà diritto ad utilizzare parte delle strutture.

Personalmente dopo molti anni trascorsi in “uffici” inadeguati, insalubri e che in alcuni casi si avvicinavano a situazioni clandestine, ero desideroso, e mi sembrava molto interessante, partecipare alla costruzione del nostro proprio ambiente di lavoro nell’ambito di questo sistema, ed una buona opportunità di applicare e valorizzare la nostra conoscenza sul recupero, il riutilizzo e l’uso dei materiali per integrarli nel cantiere.

Scelta della localizzazione

Abbiamo iniziato a visitare alcuni locali. Ci interessava lavorare sulla questione del recupero di un frammento del tessuto industriale o artigianale in disuso nel centro storico di Siviglia per rivitalizzarlo e reincorporarlo alla vita urbana e alla sua funzione di produzione attraverso l’autocostruzione e con la vocazione di essere parte attiva della soluzione delle nostre proprie necessità.

Quando finalmente si individuò dove stabilirci fu immediatamente chiaro che lo spazio per le sue dimensioni, poteva anche servire a fornire alternative ad altre persone. Si concepì allora l’idea di un coworking.

Finalmente la scelta ricadde sulla capannone 5 del “complesso artigianale” della piazza del Pelícano, che si trova ne quartiere popolare di San Julián, nel centro storico di Siviglia.

Il capannone si componeva di un piano terra di 125m2 molto frammentato, caratterizzato da una grande porta scorrevole che poteva essere chiusa formando una seconda facciata capace di isolare completamente l’ingresso dalla parte posteriore.

Dallo stesso si accede al piano superiore di 95m2 quasi diafano, il cui solaio, costituito da semplici pannelli in legno truciolato, si trovava in cattive condizioni a causa delle numerose perdite di acqua presenti nel tetto.

Finalmente la scelta ricadde sulla capannone 5 del “complesso artigianale” della piazza del Pelícano, che si trova ne quartiere popolare di San Julián, nel centro storico di Siviglia.

Il capannone si componeva di un piano terra di 125m2 molto frammentato, caratterizzato da una grande porta scorrevole che poteva essere chiusa formando una seconda facciata capace di isolare completamente l’ingresso dalla parte posteriore.

Dallo stesso si accede al piano superiore di 95m2 quasi diafano, il cui solaio, costituito da semplici pannelli in legno truciolato, si trovava in cattive condizioni a causa delle numerose perdite di acqua presenti nel tetto.

Finalmente la scelta ricadde sulla capannone 5 del “complesso artigianale” della piazza del Pelícano, che si trova ne quartiere popolare di San Julián, nel centro storico di Siviglia.

Il capannone si componeva di un piano terra di 125m2 molto frammentato, caratterizzato da una grande porta scorrevole che poteva essere chiusa formando una seconda facciata capace di isolare completamente l’ingresso dalla parte posteriore.

Dallo stesso si accede al piano superiore di 95m2 quasi diafano, il cui solaio, costituito da semplici pannelli in legno truciolato, si trovava in cattive condizioni a causa delle numerose perdite di acqua presenti nel tetto.


Nel complesso l’insieme risultava molto scuro presentando solo due finestre del piano terra, una sulla facciata principale, una più piccola a sud, ed una terza in pessime condizioni nel soffitto secondo del piano. Si riscontravano anche diverse patologie correlate all’umidità ed aggravate dall’abbandono nel quale era rimasto per anni.

Alcuni ci dissero che erano dieci anni che non si affittava, altri che una coppia aveva tentato di riformarlo come abitazione, ma si erano arresi dopo pochi mesi.

Nonostante tutto ciò ci sembrava possedere grandi potenzialità, sia per le caratteristiche dello spazio esistente in se, che per la sua collocazione nel contesto urbano e nel panorama culturale e sociale in cui si ubicava. Fin dall’inizio la comunità degli artigiani del Pelícano ci accolse a braccia aperte e dopo pochi giorni ci stavano elargendo consigli, prestando attrezzi e compartendo alcuni pasti e birre.

Il Progetto

Entrammo ufficialmente nel locale il 1 ottobre 2011 e nel corso dei sei mesi seguenti ci dedicammo quasi interamente al suo condizionamento.

La prima incombenza fu il ricupero dello stato originale del immobile rimuovendo i risultati delle varie riforme che si erano succedute e accumulate nel tempo, durante questa fase provvedemmo a separare gli elementi riutilizzabili e si procedette al riciclaggio delle parti metalliche risultanti.

Durante la rimozione del controsoffitto si scoprì un struttura metallica indipendentemente rifinita nella sua parte inferiore con una griglia di profili “T”. Abbiamo poi scoperto che durante gli anni 90 era stato utilizzato come magazzino di un negozio di orologi di lusso di importazione, fatto che giustificava la costruzione di una “gabbia”, la frammentazione e la porta scorrevole a chiusura, per evitare furti.

Questo processo mise un po ‘ in crisi tutte le nostre convinzioni, iniziammo i lavori con una idea chiara, sistemare rapidamente il piano terra, ma l’edificio, una volta ripulito, ha iniziato a suggerici cammini diversi che potevano dare risposte migliori alle sensazioni che stavano sviluppando lentamente mentre familiarizzavamo con le sue dimensioni e proporzioni.

Infine, forse affascinati dagli spazi che si stavano generando nella parte superiore, decidemmo sviluppare la riforma tutta in una volta, investendo più tempo, ma potendo, in questo modo, attaccare e risolvere tutti i problemi e patologie in una sola volta ed evitare la complicazione di lavorare su di esse nella parte superiore, mentre era in pieno uso quella inferiore.

Il concetto di spazio

Dopo aver valutato diverse opzioni abbiamo finalmente deciso per un piano terra con sala principale diafana con tavoli isolati, alla quale, rispettando i servizi igenici e la camera contigua trasformata in una sala riunioni, solo si sottrae la prima parte, che prima apparteneva all’ingresso, per organizzare uno spazio “chill out” per il caffè o riunioni informali, che dispone anche di due amache nel caso si senta il bisogno di un po ‘di relax. Un mosaico di aree separate ma integrate per consentire il loro utilizzo contemporaneo con attività diverse.

Il piano superiore si è diviso in due. La prima parte, come una sala polivalente dove realizzare corsi o le attività che richiedono un ambiente più intimo e riflessivo o semplicemente separato. In un secondo momento questa parte potrebbe essere dotata di tavoli se si arrivasse a riempire quelli del piano terra. La seconda si utilizzerebbe come magazzino e area di lavoro per continuare con la riforma ed i miglioramenti, infatti dopo l’apertura si sono costruiti svariati mobili ed accessori per completare le diverse aree.

Si considerò la intercambiabilità tra i due piani secondo le necessità e le stagioni, ma al giorno d’oggi si continua con lo schema iniziale, sviluppando il lavoro d’ufficio sotto ed attività d’altra natura, come lo yoga o massaggi, nella parte superiore.

Il concetto di spazio

Dopo aver valutato diverse opzioni abbiamo finalmente deciso per un piano terra con sala principale diafana con tavoli isolati, alla quale, rispettando i servizi igenici e la camera contigua trasformata in una sala riunioni, solo si sottrae la prima parte, che prima apparteneva all’ingresso, per organizzare uno spazio “chill out” per il caffè o riunioni informali, che dispone anche di due amache nel caso si senta il bisogno di un po ‘di relax. Un mosaico di aree separate ma integrate per consentire il loro utilizzo contemporaneo con attività diverse.

Il piano superiore si è diviso in due. La prima parte, come una sala polivalente dove realizzare corsi o le attività che richiedono un ambiente più intimo e riflessivo o semplicemente separato. In un secondo momento questa parte potrebbe essere dotata di tavoli se si arrivasse a riempire quelli del piano terra. La seconda si utilizzerebbe come magazzino e area di lavoro per continuare con la riforma ed i miglioramenti, infatti dopo l’apertura si sono costruiti svariati mobili ed accessori per completare le diverse aree.

Si considerò la intercambiabilità tra i due piani secondo le necessità e le stagioni, ma al giorno d’oggi si continua con lo schema iniziale, sviluppando il lavoro d’ufficio sotto ed attività d’altra natura, come lo yoga o massaggi, nella parte superiore.

Il concetto di spazio

Dopo aver valutato diverse opzioni abbiamo finalmente deciso per un piano terra con sala principale diafana con tavoli isolati, alla quale, rispettando i servizi igenici e la camera contigua trasformata in una sala riunioni, solo si sottrae la prima parte, che prima apparteneva all’ingresso, per organizzare uno spazio “chill out” per il caffè o riunioni informali, che dispone anche di due amache nel caso si senta il bisogno di un po ‘di relax. Un mosaico di aree separate ma integrate per consentire il loro utilizzo contemporaneo con attività diverse.

Il piano superiore si è diviso in due. La prima parte, come una sala polivalente dove realizzare corsi o le attività che richiedono un ambiente più intimo e riflessivo o semplicemente separato. In un secondo momento questa parte potrebbe essere dotata di tavoli se si arrivasse a riempire quelli del piano terra. La seconda si utilizzerebbe come magazzino e area di lavoro per continuare con la riforma ed i miglioramenti, infatti dopo l’apertura si sono costruiti svariati mobili ed accessori per completare le diverse aree.

Si considerò la intercambiabilità tra i due piani secondo le necessità e le stagioni, ma al giorno d’oggi si continua con lo schema iniziale, sviluppando il lavoro d’ufficio sotto ed attività d’altra natura, come lo yoga o massaggi, nella parte superiore.

Il nostro obiettivo non fu mai quello di cercare la “densità”, il sovraffollamento al fine di ottenere il maggior numero di posti e quindi un maggiore beneficio economico, ma quello di creare un ambiente accogliente per le persone che passeranno qui molte ore ogni giorno. Un ambiente stimolante che incoraggi la creatività e dove il dialogo ed anche l’interazione possano verificarsi, a differenza del modello dei cubicoli chiusi spesso applicato ai coworking o a quello degli incubatori di imprese.

Abbiamo creduto in un altro concetto, di uno spazio senza segregazioni, realmente condiviso, inteso come spazio fisico, ma anche mentale, per promuovere sinergie e collaborazioni tra i suoi abitanti.

I lavori

Il passo successivo fu quello di lavorare su tutti gli elementi che avevano deciso di mantenere, volevamo preparare completamente l’involucro prima di iniziare ad introdurre nuovi elementi. La griglia, con più di 600 metri lineari di profili, ha richiesto molto tempo, ma ne è valsa sicuramente la pena perché ora è uno degli elementi più caratteristici e attraenti de “La Bañera”, e grazie al colore scelto non risulta più pesante o oppressiva. Inoltre grazie alla sua geometria rompe il suono contribuendo al comfort acustico.

Si portarono alla luce i mattoni, si intonacarono con malta a base di calce e di terra i diversi difetti ed piccole aperture e si rifinì tutto con pittura di calce per aggiungere luminosità all’ambiente. In questa fase di lavoro apparvero Nacho e Juan che rimasero finalmente con noi fino alla fine dei lavori.

Si ripararono le principali perdite e si sostituirono la finestra ed alcuni pannelli del soffitto con elementi trasparenti, fornendo all’edificio una luminosità impensabile fino a quel momento.

A gennaio stavamo finendo il pavimento della parte superiore risolto con un pannello sandwich autocostruito in cui si riutilizzarono in parte i listoni in legno recuperati dallo smontaggio del solaio originale.

Fin dall’inizio abbiamo avuto una chiara necessità di portare la luce naturale al livello più basso e intendiamo farlo con un lucernario che sarebbe stato installato nella parte destinata al magazzino. A questo punto dei lavori eravamo tutti attenti agli elementi che si potevano recuperare, e con un po’ di fortuna trovammo, non molto lontano da noi, vari vetri, probabilmente di una banca, che alcuni zingari avevano portato fin lì per vendere le parti metalliche del telaio a un commerciante di rottami metallici locale, e, appoggiati su di una struttura costruita appositamente su misura, si convertirono nel nostro lucernario studiato per illuminare sufficientemente il piano terra.

A gennaio stavamo finendo il pavimento della parte superiore risolto con un pannello sandwich autocostruito in cui si riutilizzarono in parte i listoni in legno recuperati dallo smontaggio del solaio originale.

Fin dall’inizio abbiamo avuto una chiara necessità di portare la luce naturale al livello più basso e intendiamo farlo con un lucernario che sarebbe stato installato nella parte destinata al magazzino. A questo punto dei lavori eravamo tutti attenti agli elementi che si potevano recuperare, e con un po’ di fortuna trovammo, non molto lontano da noi, vari vetri, probabilmente di una banca, che alcuni zingari avevano portato fin lì per vendere le parti metalliche del telaio a un commerciante di rottami metallici locale, e, appoggiati su di una struttura costruita appositamente su misura, si convertirono nel nostro lucernario studiato per illuminare sufficientemente il piano terra.

A gennaio stavamo finendo il pavimento della parte superiore risolto con un pannello sandwich autocostruito in cui si riutilizzarono in parte i listoni in legno recuperati dallo smontaggio del solaio originale.

Fin dall’inizio abbiamo avuto una chiara necessità di portare la luce naturale al livello più basso e intendiamo farlo con un lucernario che sarebbe stato installato nella parte destinata al magazzino. A questo punto dei lavori eravamo tutti attenti agli elementi che si potevano recuperare, e con un po’ di fortuna trovammo, non molto lontano da noi, vari vetri, probabilmente di una banca, che alcuni zingari avevano portato fin lì per vendere le parti metalliche del telaio a un commerciante di rottami metallici locale, e, appoggiati su di una struttura costruita appositamente su misura, si convertirono nel nostro lucernario studiato per illuminare sufficientemente il piano terra.

Alla fine di gennaio ho dovuto interrompere la mia presenza fisica per spostarmi temporaneamente in California per la mia formazione presso CalEarth, nonostante questo seguì gli sviluppi e cercai di contribuire virtualmente il più possibile.

“La Bañera” si inaugurò nell’aprile 2012 e da allora si sono portati a termine continui miglioramenti.

Risparmio energetico

Si incorporarono strategie passive di risparmio energetico, prendere in considerazione questi fattori è essenziale soprattutto in climi come quello di Siviglia.

L’effetto camino realmente coinvolge l’intero volume d’aria de “La Bañera” e potrà sfogare all’esteriore senza accumularsi, lo stesso lucernario è regolabile per facilitare questo processo. Il controsoffitto di osb incorpora generoso isolamento e comprende diverse camere d’aria, l’ultima di 70 centimetri permette la libera circolazione dell’aria calda verso l’esterno attraverso aperture regolabili preparate nella parte superiore della parete laterale (ancora in cantiere, jejeje).

Inoltre si è studiato a fondo l’illuminazione con l’intenzione che la luce naturale, nonostante la configurazione spaziale, arrivasse alla maggior parte dei posti di lavoro, limitando in tal modo la necessità di illuminazione artificiale e creando un ambiente più piacevole.

Marcos studiò minuziosamente la posizione delle aperture superiori per permettere alla luce di entrare durante tutto il giorno e le stagioni, senza che questa risultasse fastidiosa. Tutti i lucernari sono inclinati e orientati in modo da permettere alla luce di entrare durante l’inverno e impedirlo durante l’estate.

L’illuminazione artificiale è stata risolta, dopo innumerevoli discussioni e prove in scala 1:1, con “mobili lampada” che bagnano le pareti e lo spazio con luce sempre indiretta e piacevole. Naturalmente rimane la possibilità che ognuno installi il suo punto luce personalizzato, ma dopo un anno l’unico che si montò è usato piuttosto come appendiabiti.

Infine Joso che si era unito alla squadra durante il processo contribuì con la sua esperienza nel giardinaggio con l’installazione di diverse vasche da bagno, che hanno finito per dare il nome al coworking, caratterizzando ognuna con diverse specie, commestibili o decorative. Questi elementi insieme con una scelta ponderata di materiali e finiture dotano lo spazio nel suo complesso di colore e calore. Un risultato lontano dall’aspetto classico degli uffici.

Joso introdusse anche l’uso della canna impiegata in quantità nella zona d’ingresso. Raccolta nei canneti vicini conferisce trasparenza e traspirabilità alle pareti e ha permesso un notevole risparmio in quanto si era inizialmente pensato di utilizzare il policarbonato, scelta che sarebbe risultata più costosa, meno rispettosa dell’ambiente e avrebbe limitato il movimento dell’aria.

Prestare attenzione ai cicli urbani che producono “rifiuti” perfettamente utilizzabili ha anche permesso di recuperare: piastrelle idrauliche per lo spazio di distribuzione,mattoni antichi per i muri, diversi pallet per mobili ed ultimamente quattro nuove vetrine a cui pronto si troverà un’utilità.

Per alcune attività si necessitò la partecipazione di altri professionisti e, ove possibile, gli si propose di includerci nel loro team e svolgere più che altro un’attività di monitoraggio e consulenza. In questo modo siamo stati in grado di formarci e di limitare i costi. Mentre altre, come l’installazione dell’impianto elettrico, per la loro complessità sono state commissionate a tecnici certificati.

Quando è arrivato il momento di costruire i mobili tutti i soggetti coinvolti erano passati attraverso il processo d’apprendimento della riforma generale, e perciò sono stati ottenuti risultati molto buoni.

Dietro le canne c’è una sala riunioni, preparato per otto, che tutte la mattine è lo scenario della colazione comunitaria.

Infine Joso che si era unito alla squadra durante il processo contribuì con la sua esperienza nel giardinaggio con l’installazione di diverse vasche da bagno, che hanno finito per dare il nome al coworking, caratterizzando ognuna con diverse specie, commestibili o decorative. Questi elementi insieme con una scelta ponderata di materiali e finiture dotano lo spazio nel suo complesso di colore e calore. Un risultato lontano dall’aspetto classico degli uffici.

Joso introdusse anche l’uso della canna impiegata in quantità nella zona d’ingresso. Raccolta nei canneti vicini conferisce trasparenza e traspirabilità alle pareti e ha permesso un notevole risparmio in quanto si era inizialmente pensato di utilizzare il policarbonato, scelta che sarebbe risultata più costosa, meno rispettosa dell’ambiente e avrebbe limitato il movimento dell’aria.

Prestare attenzione ai cicli urbani che producono “rifiuti” perfettamente utilizzabili ha anche permesso di recuperare: piastrelle idrauliche per lo spazio di distribuzione,mattoni antichi per i muri, diversi pallet per mobili ed ultimamente quattro nuove vetrine a cui pronto si troverà un’utilità.

Per alcune attività si necessitò la partecipazione di altri professionisti e, ove possibile, gli si propose di includerci nel loro team e svolgere più che altro un’attività di monitoraggio e consulenza. In questo modo siamo stati in grado di formarci e di limitare i costi. Mentre altre, come l’installazione dell’impianto elettrico, per la loro complessità sono state commissionate a tecnici certificati.

Quando è arrivato il momento di costruire i mobili tutti i soggetti coinvolti erano passati attraverso il processo d’apprendimento della riforma generale, e perciò sono stati ottenuti risultati molto buoni.

Dietro le canne c’è una sala riunioni, preparato per otto, che tutte la mattine è lo scenario della colazione comunitaria.

Infine Joso che si era unito alla squadra durante il processo contribuì con la sua esperienza nel giardinaggio con l’installazione di diverse vasche da bagno, che hanno finito per dare il nome al coworking, caratterizzando ognuna con diverse specie, commestibili o decorative. Questi elementi insieme con una scelta ponderata di materiali e finiture dotano lo spazio nel suo complesso di colore e calore. Un risultato lontano dall’aspetto classico degli uffici.

Joso introdusse anche l’uso della canna impiegata in quantità nella zona d’ingresso. Raccolta nei canneti vicini conferisce trasparenza e traspirabilità alle pareti e ha permesso un notevole risparmio in quanto si era inizialmente pensato di utilizzare il policarbonato, scelta che sarebbe risultata più costosa, meno rispettosa dell’ambiente e avrebbe limitato il movimento dell’aria.

Prestare attenzione ai cicli urbani che producono “rifiuti” perfettamente utilizzabili ha anche permesso di recuperare: piastrelle idrauliche per lo spazio di distribuzione,mattoni antichi per i muri, diversi pallet per mobili ed ultimamente quattro nuove vetrine a cui pronto si troverà un’utilità.

Per alcune attività si necessitò la partecipazione di altri professionisti e, ove possibile, gli si propose di includerci nel loro team e svolgere più che altro un’attività di monitoraggio e consulenza. In questo modo siamo stati in grado di formarci e di limitare i costi. Mentre altre, come l’installazione dell’impianto elettrico, per la loro complessità sono state commissionate a tecnici certificati.

Quando è arrivato il momento di costruire i mobili tutti i soggetti coinvolti erano passati attraverso il processo d’apprendimento della riforma generale, e perciò sono stati ottenuti risultati molto buoni.

Dietro le canne c’è una sala riunioni, preparato per otto, che tutte la mattine è lo scenario della colazione comunitaria.

Conclusioni

Progetti come “la Bañera” dimostrano che i tessuti industriali urbani non sono condannati, ma sono invece un patrimonio con un grande potenziale e rinunciarvi sarebbe un errore grave e in molti casi irreversibile, ed allo stesso tempo che con interventi semplici si può tornare a dare loro un significato urbano, restituendo a questi luoghi la loro funzione di spazio di produzione.

Che, nonostante tutto, se si collabora e si uniscono le forze, con meno risorse e più ingegno, è possibile creare spazi di opportunità.

Infine formando un piccolo gruppo siamo riusciti a risolvere i nostri bisogni e ora abbiamo un comodo spazio di lavoro nel centro storico di Siviglia, che è messo a disposizione di altri ad un prezzo ragionevole. Per la sua attivazione non sono stati necessari grandi investimenti o infrastrutture, ma piuttosto il compromesso delle persone coinvolte.

Il progetto si trasformò nella ricerca di un equilibrio virtuoso tra materiali nuovi, naturali e riutilizzati, tra le idee e la loro applicazione “low-tech”, per attuare in una forma 100% reversibile. Il risultato è “la Bañera” uno spazio condiviso in continua evoluzione che si reinventa ogni tanto per adattarsi alle nuove necessità dei suoi abitanti.

È possibile trovare le ultime notizie circa lo spazio condiviso sul sito web de "La Bañera"
Gli interessati a condividerlo possono scrivere a labanhera@gmail.com o telefonare al +34 607114950 (Marcos).

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Architettura punk e progetti sociali